Iacopo Cancellieri
In Piazza del Popolo, lungo la facciata del palazzo Cancellieri, e al centro di una balaustra formata da colonnine in conglomerato cementizio, è collocato il busto in marmo del capitano Jacopo Cancellieri, medaglia d’argento, caduto nella battaglia di Adua. Sulla lapide si legge:
IACOPO CANCELLIERI / CAPITANO 1° REGGIMENTO GRANATIERI / SUL MONTE RAJO / COMBATTENDO PER LA GRANDEZZA D’ITALIA / CADDE EROICAMENTE / IL 1° MARZO 1896
Iacopo Cancellieri era uno dei tenenti di comando della Brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna, unità di fanteria dell’esercito italiano. L’esercito del negus Menelik contava 120.000 uomini: una forza sottovalutata dal generale Baratieri, ex garibaldino della spedizione dei Mille, comandante delle truppe italiane che disponeva, tra l’altro, di mappe errate. I generali Arimondi (guidava la colonna centrale) e Dabormida (guidava la colonna di destra) caddero sul campo, e con loro duecentosettanta ufficiali, quattromila soldati italiani e duemila indigeni. Caddero quattro ufficiali dei granatieri: tra questi il capitano Iacopo Cancellieri, del 1° reggimento che con il V Battaglione, guidato dal maggiore Giordano, combatté eroicamente finché perdette la vita, come si legge nella motivazione della sua medaglia d’argento alla memoria.
La Famiglia Cancellieri
La famiglia è originaria del contado pistoiese (da Agliana o dal Pantano). Dà il nome alla casata Cancelliero che, arricchitosi come banchiere, ha parte di primo piano in Pistoia fra il 1210 e il 1240. Nello stemma della famiglia compare un porco, in memoria del capostipite, Pietro del Porcone. I figli di Cancelliero, Rinieri, Amadore e Sinibaldo, continuano con fortuna il commercio bancario e conseguono la dignità cavalleresca. Sul finire del XIII i Cancellieri sono padroni di una banca che opera anche in Francia. Cialdo di Rinieri governa Pistoia, divenuta guelfa, nel 1267. Vanni, detto Focaccia, che terrorizza città e contado con le sue bande armate, è immortalato da Dante nella Caina, fra i traditori dei parenti (Inf., XXXII, 63): “non quelli a cui fu rotto il petto e l’ombra / con esso un colpo per la man d’Artù; / non Focaccia”. Sua moglie, figlia di Lippo Vergiolesi, pare debba identificarsi con la Selvaggia cantata da Cino da Pistoia. Durante la faida familiare per vendicare un Vergiolesi assassinato, Vanni uccise Detto di Sinisbaldo Cancellieri e Detto dei Rossi.
Nel 1348 Ricciardo Cancellieri, conte palatino, consigliere dell’imperatore Carlo IV e signore di Francavilla (Fermo), si leva in armi contro Giovanni Panciatichi, iniziando quella lotta fra le due famiglie che non doveva cessare se non con la sottomissione di Pistoia al granducato di Cosimo I. Una volta ottenuto il sopravvento sui Panciatichi, molti dei quali furono esiliati, la famiglia Cancellieri si divide in due fazioni, in lotta tra loro: la bianca e la nera. Dino Compagni, nella Cronaca, scrive: «Queste due parti, Neri e Bianchi, naquono d’una famiglia che si chiamava Cancellieri, che si divise: per che alcuni congiunti si chiamarono Bianchi, gli altri Neri; e così fu divisa tutta la città». Costretti a lasciare Pistoia per i tumulti che avevano causato, i Cancellieri si rifugiano a Firenze ove gettano il seme della discordia che si sviluppa poco dopo tra i Cerchi ed i Donati. Cacciati da Firenze, si spargono in molte città della Toscana.
Cfr. Girolamo Ganucci Cancellieri, Pistoia nel XIII secolo. Saggio storico sulla stirpe dei Cancellieri di Pistoia, Firenze, Olschki, 1975.